In ricordo di un anniversario che rischia di essere dimenticato

Il 24 maggio 1915 è la data fatidica che segna l’entrata in guerra dell’Italia a fianco delle potenze dell’Intesa e contro gli Imperi centrali. E’ una data che oggi viene ricordata da una ristretta cerchia di uomini di cultura e da alcuni canali televisivi, ma sfugge quasi del tutto dall’attenzione delle masse. Eppure, a suo tempo si trattò di un avvenimento che coinvolse tutte le energie di una nazione ancora “ in fieri” e che portò in guerra i giovani di tutte le estrazioni sociali per assolvere al dovere di difendere la patria e di portare a termine il processo di unificazione iniziato con le guerre di Indipendenza: è questa la sintesi del proclama di Vittorio Emanuele III alla vigilia dell’entrata in guerra. Sono parole che …

oggi possono suonare come retoriche e di maniera, ma allora infiammavano il cuore di quelli che partivano volontari per combattere il nemico secolare dell’Impero austro-ungarico.  E la lotta che stava iniziando durò per ben quattro anni di sacrifici inenarrabili con un bilancio spaventoso di ben 600 mila morti, quanti ,cioè, non si erano mai contati in tutte le guerre combattute nel secolo XIX. Se poi alle perdite subite dal nostro Paese si aggiungono quelle di tutti i Paesi belligeranti, allora si raggiunge la cifra ben più alta di venti milioni di morti. Certamente i soldati che allora partivano per il fronte erano ben lontani dall’immaginare che si sarebbero raggiunte tali perdite e che tutte le forze della nazione sarebbero state messe al servizio degli eventi bellici in uno sforzo sovrumano per adeguare l’armamento alle esigenze della guerra moderna. La propaganda a favore dell’intervento non veniva portata avanti solo da una ristretta cerchia di intellettuali, come D’Annunzio, Marinetti, Soffici e via dicendo, ma si sentiva anche nelle università di provincia, tra i giovani studenti che lasciavano la famiglia per arruolarsi come volontari. Se è vero che le classi subalterne in larga parte erano motivate più dal senso del dovere e dalla propaganda martellante che da personali convinzioni, è anche vero che tutti i giovani chiamati alle armi si comportarono con grande valore nei furiosi combattimenti che dovettero affrontare. Ne sono prova gli atti di valore compiuti dal sodato semplice nei momenti più critici del conflitto: ad esempio dopo lo sfondamento del fronte italiano a Caporetto (24 ottobre 1917), fu il fante italiano ad organizzare la resistenza sul monte Grappa e sul fiume Piave , che impedì agli Austro-Tedeschi l’accerchiamento di tutto l’esercito italiano. Tutte queste cose oggi sono retaggio dei libri di storia e poco vengono ricordate e celebrate, anche perchè la mentalità moderna è stata educata ai grandi valori della pace e della cooperazione tra i popoli che ha permesso per ben settant’anni ( dalla fine del Secondo conflitto mondiale) uno sviluppo sociale delle nazioni europee all’insegna della pace. I sacrari militari presenti ancora oggi nei territori che furono il teatro di guerra dal 1915 al 1918 sono meta di pellegrinaggi e di visite scolastiche soprattutto da parte delle regioni limitrofe, ma sono stati dimenticati dal resto del Paese: qualche accenno a ricordarli avviene in occasione della celebrazione del 24 maggio. Eppure nelle città e nei paesi di tutta Italia esistono tuttora monumenti e lapidi su cui sono scolpiti i nomi dei concittadini che partirono per combattere in quella guerra e che non tornarono più. Il poeta Giuseppe Ungaretti, che combattè in quella guerra, scrisse in una bella poesia che egli aveva nella mente e nel cuore il ricordo di tutti i compagni morti, che aveva conosciuto in vita, e ne soffriva nell’intimo dell’animo. Come si sa, i poeti sanno interpretare più dell’uomo comune i sentimenti della vita e della morte e sanno comunicarli agli altri. Ma tutti, a cento anni di distanza dall’inizio di quel conflitto ,hanno il dovere di capire e di tramandare ai posteri il ricordo di tutti quei giovani che andarono incontro alla morte convinti di affrontare un sacrificio non vano. E’ auspicabile che il loro ricordo sopravviva nel cuore dei giovani oggi con maggiore consapevolezza e senso di responsabilità.

 

 

 

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